Andrea Cattabriga


Il design come algoritmo dell'innnovazione

Da un pò di tempo sia in contesti educativi che di aziendali mi ritrovo a parlare di design e soprattutto di come lo intendo io (spiegare cos’è il design oggi è sempre parte del menù).
Dopo anni nei quali ho usato una spiegazione che tenesse insieme varie sfaccettature, oggi vado diretto a questo schema che ho in bozza perenne, in attesa di dargli forma scientificamente rilevante.

grafico che visualizza il design come un algoritmo dell'innovazione, che processa scale come tempo, impatto e dimensione epistemologica, mettendoli in relazione con le grandezze fondamentali dell'organizzazione

In pratica propongo di vedere le attività progettuali come un algoritmo dell’innovazione, che tiene in considerazione le diverse scale della complessità, il tempo e l’impatto auspicato, poi i metodi di conseguenza. L’idea è decentrare l’oggetto dell’attività progettuale (caro a Buchanan quando definiva i 4 ordini del design1).
E’ una personalissima teoria del tutto che ha come centro la relazione forte tra le grandezze chiave dell’organizzazione e le logiche delle attività progettuali. Grande ambizione, grandi difetti, lo so…

Alcune note veloci (ripromettendomi di concludere il paper che è lì da troppo tempo a lievitare):
- la chiave di complessità per la lettura del contesto e l’applicabilità di una certa strategia di conseguenza, viene dall’intramontabile Cynefin Framework di Dave Snowden2: non ho ancora codificato con precisione la possibilità di trasferire qui i livelli inquadrati da Snowden in quanto non c’è un allineamento ontologico fra le scale;
- euristicamente qui la strategia è un atto di scelta del dove posizionare l’impatto dell’innovazione, mentre la tecnica il modo per processarlo internamente;
- le 4 grandezze dell’organizzazione – apprendimento, conoscenza, proposito e rituali – sono fortemente innestate sull’asse valori/sapere (nell’epoca degli algoritmi, che possiamo vedere come strategie di mobilitazione della conoscenza, sarà certamente un tema da espandere);
- una premessa importante è che i processi di design (o progettuali), non possono avvenire ed essere astratti senza una contestualizzazione culturale agita dall’organizzazione che li costruisce;
- il livello più basso, quello dei metodi, vorrebbe essere anche quello più effimero e destinato a mutare, cambiare, adattarsi a linguaggi e ambiti.

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  1. Buchanan, R. (1992). Wicked Problems in Design Thinking. Design Issues, 8(2), 5–21. https://doi.org/10.2307/1511637 ↩︎

  2. Snowden, D. J., & Boone, M. E. (2007, November 1). A Leader’s Framework for Decision Making. Harvard Business Review. https://hbr.org/2007/11/a-leaders-framework-for-decision-making ↩︎