Design e Intelligenza Artificiale, la costruzione di un terreno
Tutto diventa “AI-driven”, tutti ne parlano, e ovviamente pure il mondo del design.
E’ innegabile che l’emergere di alcuni prodotti (grazie ai modelli linguistici basati sui transformer), ci sta cambiando la vita, o per lo meno la percezione di molte cose, per chi si nutre di tecnologia e innovazione (ma non solo eh…).
Come provare a mettere un punto, ma più che altro come impostare un terreno di riflessione “sano”, il più possibile incentrato sui risultati e sulle riflessioni di chi fa ricerca, sulla relazione fra progettazione e design?
Non avevo un’idea formata quando mi è stato proposto di co-curare con Vladan Joler (che ho scelto con gli editor), la sezione Open Debate del numero 80 di diid - disegno industriale industrial design – probabilmente la più importante rivista scientifica italiana sul mondo del design – dedicata proprio all’esplorazione della complessa relazione tra Intelligenza Artificiale e Design.
Vladan Joler, co-fondatore della SHARE Foundation e professore presso il Dipartimento di Nuovi Media dell’Università di Novi Sad, è noto per il suo lavoro pioneristico nell’investigazione, aoprattutto attraverso la rappresentazione, delle intersezioni tra tecnologia e società. Il suo progetto “Anatomy of an AI System”, realizzato con Kate Crawford (che abbiamo intervistato nella rivista) saggio e grafica poi divenuta anche opera esposta al MOMA NY, ha rivelato la complessità materiale e l’impatto globale dei sistemi di IA che solitamente percepiamo come esclusivamente immateriali. Con Vladan ci siamo confrontati molto ed è stato difficile distillare intorno ad alcuni, pochi elementi la nostra riflessione, l’humus del terreno su cui costruire un dibattito.
Per questo abbiamo invitato persone che stimiamo ed esperti nei loro verticali, a contribuire ad una visione il più possibile larga, sopra le dispute dell’hype del momento, per costruire un discorso fondamentalmente culturale riguardo alla relazione fra design e sistemi IA:
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Kate Crawford, esperta di fama globale per lavori come Atlas of AI ci invita a esaminare criticamente le logiche di sviluppo dell’IA, sottolineando l’importanza di considerare le disuguaglianze strutturali di potere e di prendere posizione come progettisti, soprattutto quando i sottostanti tecnici sembrano essere fuori portata anche per gli esperti (vedi questione big data e trasparenza).
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Iohanna Nicenboim, Elisa Giaccardi e Johan Redström propongono una prospettiva “more-than-human” per comprendere meglio le sfide emergenti dall’interazione quotidiana con l’IA. Specificando per i non addetti: non si tratta di antropomorfismo, ma di sviluppo di tattiche e strumenti che ci permettono di esplorare angolazioni diverse della complicata interazione con le macchine.
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Muhammad Adamu e Makuochi Nkwo delineano strategie per lo sviluppo auspicabili dell’IA in Africa, enfatizzando l’importanza di un approccio radicato nei valori locali e smitizzando quella tecnologia “for good” che tanto piace in occidente. Ci invitano fra le righe a tenere alta l’attenzione sui fattori epistemologici e culturali che dovrebbero condurre qualsiasi implementazione socio-tecnica.
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Predrag K. Nikolic e Giacomo Bertin esplorano la comunicazione uomo-macchina attraverso esperimenti dadaisti, sollevando questioni sul controllo umano e l’autonomia delle macchine, invitandoci a considerare radicalmente la multidisciplinarità quando ci confrontiamo col nuovo.
Il filo conduttore di questi contributi è la necessità di un “decentramento” del design nell’approccio all’IA (ne parliamo nel nostro articolo di posizionamento e introduzione al numero Decentering Design With AI). Questa filosofia ci invita a superare i confini disciplinari, ad adottare prospettive diverse e a ripensare criticamente i nostri ruoli, credenze e assunzioni culturali riguardo ai sistemi socio-tecnici dell’IA.
Riferimenti
diid n.80 (link)[https://www.diid.it/diid/index.php/diid/issue/view/diid80]